lunedì 18 maggio 2020

Storia e organizzazione della legione romana


Storia  e ordinamento della legione romana 




L'ORDINAMENTO REPUBBLICANO


L'ordinamento repubblicato dell'esercito romano faceva perno sul manipolo. La legione era suddivisa in epoca repubblicana in manipoli e strutturata in tre ordini sulla base del censo (l’esercito è ancora composto da cittadini che combattevano per la propria comunità): hastati (120 per 15 manipoli, in 6 file), principes (120 per 30 manipoli in 6 file), triarii (60 per 15 manipoli in 3 file). Vegezio nell’Epitoma sostiene che in prima fila fossero schierati i Princeps. Rotari e accensi costituivano gli ultimi due ordini, formati da truppe inesperte, di scarso affidamento.

In fase di battaglia l’attacco era generalmente preceduto dall’intervento dei velìtes, cioè degli schermagliatori (ferentari). Ogni legione disponeva di un contingente di cavalleria di 300 uomini suddivisi in 10 unità tattiche inferiori, le turmae.

La coorte si sostituisce al manipolo in epoca tardo repubblicana, presumibilmente con la “riforma” mariana (ultimo a parlare di manipolo è infatti Sallustio nel Bellum Iugurthinum). E’ probabile che possa risalire alla guerra contro i Cimbri e i Tèutoni contro i quali era necessario che l’unità fondamentale dell’esercito fosse più solida e compatta e con un organico più ampio.

L'armamento

L'armamento in quest'epoca includeva: un elmo tipo Montefortino (o variante Coolus), una lorica hamata (sotto la cotta una tunica con spalle foderate come nel linothorax greco o un farsetto thoracomachus, in più delle strisce di pelle  (pteryges) coprivano avambracci e cosce), uno scutum concavo rettangolare, due pila (con punta ancora non deformabile), uno schiniere indossato sulla gamba esposta al combattimento (solitamente la destra), un gladius hispaniensis e un pugio (anch’esso di origine ispanica).

L'equipaggiamento prevedeva che nella sarcina (zaino appeso a una forcella che pesava dai 20 ai 50 kg) dei soldati fosse incluso un trulleus (pentola), una patera (scodella), una dolabra (specie di piccone usato come pala e ascia), cibo per tre giorni più altri impedimenta (tra cui un pilum murale o sudis, pezzi di legno a sezione quadrata appuntiti).



L'ORDINAMENTO DELLA LEGIONE TRA EPOCA TARDO REPUBBLICANA E ETA’ IMPERIALE

A partire da Cesare la figura del legato cominciò a soppiantare quella del tribunus militum a capo della legione. Poi con Augusto si completerà questo processo. Ogni legione, composta di 6000 uomini, tutti cittadini romani,  venne ad essere comandata da un legato (legatus legionis) e da sei tribuni (un tribuno laticlavio e 5 angusticlavi). Ogni tribuno angusticlavio aveva la responsabilità di 2 coorti. All'organico della legione vanno affiancate altrettante truppe di soldati ausiliari (non cittadini romani, reclutati trai popoli sottomessi da Roma).


La gerarchia militare della legione prevedeva a partire grossomodo dal I sec. a.C.:


  1. un legatus legionis
  2. un praefectus castrorum
  3. 1 tribuno laticlavio di rango senatorio o pretorio 
  4. 5 angusticlavi di rango equestre (che costituivano lo staff del tribuno laticlavio)
  5. 59 centurioni (sei per coorte: pilus prior, pilus posterior, princeps prior, principes posterior, hastatus prior, hastatus posteri).


Gerarchia legione


Organico e disposizione

Dal 70 d.C. circa la prima  coorte aveva un organico raddoppiato, venendo costituita da cinque centurie da 160 uomini e non da 80 (800 uomini). Nello schieramento della centuria (20 file x 4 ranghi) il contubernio rappresentava due file dello schieramento (in senso verticale).


Composizione della centuria (organico)


Disposizione della centuria

Composizione ed unità della legione


Lo schieramento in battaglia

La legione imperiale, formata da soldati professionisti (aperta ai capite censi) cui lo stato conferiva equipaggiamento, armamento , salario e altre forme di sovvenzione, poteva essere schierata in più ordini: in simplex acies, duplex acies (5 + 5) e triplex acies (4, 3, 3).

Ciascuna legione era fornita di un contingente di 120 cavalieri (cavalleria legionaria). A queste si aggiungevano 2 ali di cavalleria ausiliaria (di solito, gallica, germanica, celtiberica, numidica o sarmatica), ciascuna composta da 16 turmae di 30 cavalieri (500 cavalieri), che potevano essere anche di 32 (alae quingenariae), oppure 24 da 32 (alae milliariae). Ogni ala era comandata da un decurio.

Schieramento della legione in battaglia


L'armamento impiegato in epoca imperiale


  • Elmo imperiale di tipo gallico o Agen-Port (crestato per gli ufficiali, con cimiero trasversale), progenitore del tipo imperiale, munito di paragnatidi.
  • Lorica segmentata o hamata, più raramente musculata o squamata (sotto la cotta o l’armatura un farsetto thoracomachus o linothorax greco con strisce di pelle, pteryges, che coprivano avambracci e cosce, mentre per il collo si usava il focale, fazzoletto per evitare le abrasioni).
  • Gladius hispaniensis o tipo Pompei e Pugio (usati di punta e non di taglio, colpendo dal basso verso l’alto).
  • Balteo o budriere per sostenere la spada e il pugio (simboli della condizione di soldato del legionario).
  • Scutum rettangolare concavo (con umbone attraversato da crosta verticale rilevata, usato anche come arma di offesa).
  • Dei pila con punta in ferro non temperato per consentire la deformazione e rendere inutilizzabile lo scudo nemico.
  • Caligae chiodate.
  • Paenula, pesante mantello invernale con cappuccio (più tardi verrà da Marco Aurelio Antonino introdotta la caracalla gallica).



Mosaico di Piazza Armerina, uomini impegnati in una battuta di caccia – si noti la tipica camisia

La tenuta regolamentare del soldato prevedeva la tunica e il mantello, e talvolta anche la toga, nel caso il soldato fosse stato premiato con la cittadinanza romana. In epoca tarda, alla tunica (quella in uso nel IV secolo è plissettata) si sostituisce quando non è indossata la toga, la camisia (progenitrice delle successive e moderne camice) con maniche a tubo.

L'armamento della cavalleria includeva:  un elmo tipo Agen-Port A (privo di copertura della nuca), un clipeus ovale, la spatha lunga, una lancea, un morso snodabile o freno, una sella con arcione, sopra una gualdrappa. Le staffe non erano in uso presso i romani.


UNA PANORAMICA SULLA STORIA MILITARE ROMANA

Lo stipendio e i donativa

Per quanto concerne lo stipendio e i donativi, lo stipendium del soldato romano rimase per secoli identico in termini assoluti nonostante le gravi svalutazioni in cui incorrerà la moneta soprattutto nel III secolo, tanto che in epoca tarda esso venne ad assumere un valore quasi simbolico. Allo stipendium però vanno aggiunte una serie di altre indennità, tra cui i donativa (immediatamente disponibili in forma liquida), premi (tra cui quelli di inizio e  fine carriera, che circa uno su due veniva a riscuotere) ed esenzioni. Altri sussidi riguardavano l’acquisto del sale (salgamum), dei chiodi (clavarium), dei pasti rituali (epulum). Il patrimonio del legionario (bona domestica), che va valutato cumulando tutti questi benefici e elargizioni, poteva anche ammontare a somme consistenti, specie per i militari a fine carriera (militia) e per gli ufficiali, tanto da consentire ai soldati di prestare denaro, di impiegarlo in acquisti superflui (che fanno pensare a una mentalità dai tratti consumistici) [J. M. Carrié, 128] o di investirlo nella costruzione di tombe a volte anche molto costose.
I soldati erano anche tenuti a versare dei depositi forzati, delle somme dovute nelle casse del forte (bona castrensia). Da dello stipendium erano defalcati i costi dell’approvvigionamento e del vitto. Tra le categorie militari più disagiate, quella dei fanti di marina si distingueva per la povertà di condizione e per la consistenza modesta del salario.

Il conferimento delle terre come ricompensa ai veterani (spesso versato in terre e non in denaro) poteva fare del soldato un possidente e metterlo nella condizione di gestire anche degli schiavi (colones) che servissero da manodopera per la gestione dei fondi. Il soldato, di conseguenza, percepiva delle rendite e poteva concedere in affitto le proprie terre.  

Le formazioni militari più note delle legioni erano: la testudo (testuggine), operata mediante l’apposizione dello scudo (a mo’ di scaglie) sopra la testa del soldato collocato in ginocchio  o abbassato nella fila precedente (utilizzata magistralmente a Nisibis contro Pescennio Nigro), a formare un “tetto” di scudi che proteggeva la centuria da frecce o proietti. La formazione era utilizzata anche negli assedi per l’avvicinamento alle mura nemiche o come rampa d’accesso alle mura stesse.
Altre formazioni utilizzate erano quella a orbis (in cerchio), impiegata per raccogliere i ranghi esposti al pericolo di accerchiamento e di conseguente distruzione; era una formazione molto solida, simile all’agmen quadratum (utilizzato da Crasso a Carre), resistente anche agli attacchi di cavalleria. Molto utilizzata era la formazione a cuneo (non per forza a forma di triangolo), cui si ricorreva allo scopo di sfondare la formazione nemica, specie rastremata, ma più che altro volta ad avere un impatto psicologico devastante sullo schieramento avversario. Tale formazione poteva anche essere costituita da due colonne di uomini o cavalli che procedevano in tralice verso il nemico, contro il quale poi, una volta approcciato, le due colonne si univano in simplex acies. Bisogna ricordare che raramente gli attacchi di cavalleria puntavano a un impatto diretto col nemico, spesso si risolvevano in azioni dissuasive o in semplici schermaglie, in ogni caso molto rapide e raramente sanguinose.

La castrametazione romana

Le legioni alloggiavano in due tipi di forti: “di marcia” o permanenti. I primi erano costruiti in via temporanea per garantire la sicurezza della legione durante la sosta notturna, i secondi erano relativamente stabili e potevano essere di due tipi: castra hibernia, in cui svernare, e castra aestiva, in cui alloggiare le truppe nei mesi estivi o in prossimità delle campagne militari. I sistemi difensivi più rapidi e più facilmente realizzabili erano costituiti dai cavalli di frisia, ovvero da pila muralia legati insieme e posti in cima agli aggeri che sorgevano dopo l’intervallum che separava la zona delle tende (papilio) da quella della cinta difensiva, solitamente costituita da un fossato a ridosso di un terrapieno, per i campi temporanei, o da un vallum di legno o pietra (intervallato da quattro porte mediane) munito di torri per quelli permanenti.
Le tende erano fatte di pelli cucite di vitello, di capra o di cuoio.  Il castrum romano era attraversato da due strade principali che intersecavano nell’area del praetorium (tenda o abitazione del comandante) e dei principia (quartier generale), la via Praetoria (che collegava porta praetoria e porta decumana) e la via Principalis (che collegava le due porte principalis). Il castrum romano poteva estendersi anche su 20-30 ettari e potette ospitare fino all’89 d.C. fino a un massimo di due legioni, dopodiché ne potette ospitare solo una.
Le unità ausiliarie avevano propri forti distribuiti nelle zone più di confine ed erano intervallate con quelle legionarie. Le fortezze ausiliarie (castella) erano basi di attività di pattugliamento e monitoraggio dei confini, fondamentali anche per tenere impegnato il nemico in caso di invasione. I forti erano dotati anche del valetudinarium, di un ospedale militare.

Con la regionalizzazione, con lo stanziamento delle legioni in aree specifiche dell’impero (le aree di confine, come quella danubiana, divennero quelle preferite del reclutamento), il soldato andò legandosi a quel territorio, preferendolo, nella stragrande maggioranza dei casi, anche al paese d’origine come sede della propria sistemazione in seguito alla fine del servizio. Spesso il soldato aveva nel frattempo, pur non potendo contrarre matrimonio fino a Settimio Severo, stretto un legame con una donna (detta hospita, focaria) o con una “schiava”, poteva aver avuto dei figli, che portavano il nome della madre fino alla fine del servizio del padre e che con il congedo di questi, potevano essere premiati anch'essi della cittadinanza, dando luogo a situazioni di concubinaggio di fatto, legalizzate solo al congedo [J. M. Carrié, 116-117]. 

 La poliorcetica romana

Le fasi dell’assedio erano fondamentalmente tre, svincolate spesso da un ordine logico tra loro. La prima consisteva nel porre il blocco all’ingresso di merci e persone nella città e nell’isolamento del nucleo cittadino. La seconda fase era quella della contravallatio (controvallazione), utilizzata a d esempio a Masada, consistente nella costruzione di una semplice palizzata,  di un fossato o di fortificazioni più complesse come sistema di difesa dagli assediati.
Ulteriore sviluppo della seconda era la fase (terza) della circumvallatio, utile ai fini della difesa dall’esterno e dall’interno del campo degli assedianti, impiegato da Cesare ad Alesia. Utili in fase di avanzamento erano le vinee o in alternativa la formazione a testuggine, delle tettoie mobili per proteggere i soldati o gli scavatori nell’avvicinamento alle mura. Armi d’assedio ampiamente utilizzate erano le baliste, grosse balestre utilizzate per scagliare proietti di pietra o frecce. Spesso erano utilizzate anche rampe (come quelle di Jotapata e Masada) per far arrivare le torri d’assedio alle mura (munite di baliste o di arieti) o si ricorreva alla costruzione di imponenti terrapieni (come quelle realizzate da Cesare ad Avarico).

La riforma di Gallieno 

Per quanto riguarda la cavalleria non è chiaro se l'imperatore Gallieno abbia aumentato il contingente di cavalieri interno alla legione, portandolo da soli 120 cavalieri a 726 (in quanto sembra più probabile che tale modifica sia stata operata nella seconda metà del III secolo dai successori di Gallieno). Certo è che il ruolo della cavalleria divenne sempre più importante. 
Gallieno sostenne la dislocazione delle unità più in profondità, in particolare svincolando la cavalleria dal controllo dei governatori provinciali e collocandola in alcuni centri strategici come Milano. Ad ogni modo, promosse la costituzione di una “riserva strategica” di uomini a cavallo, detti Promoti (con base nella già citata Milano), sempre svincolata dalla legione, che potesse intervenire come forza d’emergenza nel caso di invasione. L’importanza di questa forza crebbe a tal punto che chi guidava queste forze poteva aspirare a ruoli di maggiore prestigio e addirittura a proclamarsi imperatore (si pensi a Claudio il Gotico e Aureliano). Con Gallieno, inoltre, si completa il travaso di responsabilità nella gestione dell’esercito dalla classe senatoria a quella del cavalierato.Questo imperatore introdusse una serie di modifiche nella struttura dell'esercito romano che incisero profondamente nella natura e nell'ordinamento della struttura militare romana e che permarranno anche, di certo con modifiche, fino alla tarda antichità. 




Bibliografia

-Y. Le Bohec, L'esercito romano. Le armi imperiali da Augusto alla fine del III secolo, Roma, Carocci, 1993,

- J. M. Carrié, Il soldato, in L'uomo romano, a cura di A. Giardina, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 99-142

-C. McNab, L'esercito di Roma, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2012.

- Flavio Vegezio, Epitoma rei militaris

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